
L’anima di un popolo è fatta di tanti piccoli gesti e usanze che con la ripetizione e la ritualizzazione aiutano a dare un significato anche agli eventi più misteriosi dell’esistenza, come la morte. La Bolivia è tra i paesi sudamericani quello in cui si perde il conto dei gruppi etnici, ognuno con i propri valori, specificità e forme d’espressione. Tra questi alcune, come i Quecha, sono diretti ereditari di uno degli imperi più importanti dei secoli scorsi, quello degli Inca, altre, come gli Aymara sono i successori di civiltà precolombiane meno conosciute come quella di Tiwanaku.
Gli spagnoli hanno diffuso la religione cattolica nel paese e le tradizioni indigene hanno reagito a questa invasione trasformando progressivamente i propri elementi in una sorta di sincretismo religioso di sopravvivenza. Per questo oggi abbiamo le stesse feste dei cattolici e quindi festeggiamo Todos Los Santos ma lo facciamo a modo nostro.
Vicino ad Oruro, la mia città natale in Bolivia, si trovano molti resti architettonici che derivano dalle nostre civiltà autoctone. In piena montagna, a pochi km dalla città, si possono ancora vedere i così detti chullpares, torri funerarie dalla forma a fungo che contenevano corpi imbalsamati (chulpas) di illustri personaggi delle epoche passate. La morte è un fatto sacro secondo la cultura andina e quindi va celebrata e onorata. I corpi imbalsamati in posizione fatale sono avvolti da cesta che rappresentano la placenta. Insieme ai corpi si sono trovati i più svariati oggetti: manufatti di oro e argenti, utensili di cucina, etc.. Secondo la tradizione infatti il defunto sarebbe tornato una volta all’anno nel mondo dei vivi e quando questo accadeva bisognava aggradarlo permettendogli di rivedere le cose che hanno fatto parte della sua vita.
In epoca coloniale i chullpares sono stati banditi e i boliviani si sono dovuti conformare all’usanza spagnola di sotterrare i morti. Ciò nonostante l’idea di rendere onore al defunto e di ricordarlo omaggiandolo di vari doni è rimasta. Si prepara quindi un tavolo molto particolare che contiene alcuni simboli molto potenti. Sopra il tavolo infatti si ripone una scala fatta interamente di pane che “aiuta” il defunto a ridiscendere nel mondo dei vivi. Di pane sono anche dei cavalli in miniatura che rappresentano invece il mezzo che verrà usato per tornare in cielo. Nel resto della superficie ci sono bevande e cibi dolci, preferibilmente quelli più amati dal defunto durante la sua esistenza terrena. Alcuni di questi, detti tantawawas, sono la rappresentazione di tutte le anime che sono richiamate a visitare il tavolo. Il pane viene sfornato in tante forme che sono decorate con teste colorate rappresentanti bambini (wawa in in quechua significa appunto bebè mentre tanta pane), uomini e cholitas (le donne che vestono gli abiti tradizionali boliviani).
L’altare viene visitato a turno dai famigliari, i conoscenti o semplicemente chi vuole onorare quell’anima. Ognuno fa una preghiera e per ringraziare il defunto della sua discesa, si porta a casa uno di quei dolci di cui è imbandita la tavola.
Secondo la tradizione andina i primi due anni dopo la morte di una persona una parte dell’anima rimane sulla terra. In questi casi le tavole di Todos Los Santos saranno molto abbondanti perché si crede che sia ancora presente, mentre il terzo anno si fa una festa con musica e con molti ospiti, per salutare definitivamente quell’anima.
Il giorno seguente alla festa, il 2 di novembre, le celebrazioni si spostano nei cimiteri. Al contrario che in Occidente, dove è di regola il silenzio e un atteggiamento riservato, in Bolivia i cimiteri per quel giorno sono luoghi di festa. Si consuma tutto il cibo che era stato fatto per il defunto e che era avanzato, si suona e si balla al ritmo delle musiche preferite di chi ci ha lasciato. Nel pomeriggio scendono i “vecchi” dalle montagne con i loro strumenti e canti tradizionali istruendo i bambini su quelle canzoni centenarie.
Ma non è ancora finita! In alcune zone della Bolivia, l’8 di novembre, si festeggiano las ñatitas. Se ci si trova a La Paz per quel giorno è molto comune assistere a delle scene insolite per cui qui in Europa si rischierebbe l’arresto. Molte persone se ne vanno tranquillamente in giro con dei teschi! Quello che può sembrare molto strano in realtà ha una spiegazione che ci rimanda alla festività di Todos Los Santos: si crede infatti che le anime possano discendere attraverso i tessuti ossei e le cavità dei teschi. L’energia del ajayu (anima in quechua) è contenuta nel teschio e dev’essere onorata con incensi e offerte anche per tutto l’anno. Bisogna parlarci e trattarla bene, e poi l’8 novembre portarla a passeggiare- Tutto ciò viene considerato di buon auspicio, mentre dimenticarsi di onorare la ñatita può portare a delle spiacevoli sorprese, incidenti o calamità improvvise.
Ricordare tutte queste attività mi riporta al valore delle relazioni con i propri famigliari e gli antenati.
Onorarli significa riconoscere quello che sono stati e il dono che ci hanno lasciato: la vita. Anche se non sono più presenti con il loro corpo fisico, la loro impronta è sempre in noi e ci protegge aiutandoci a realizzare il nostro destino.
Andreita Tarifa