
Immaginiamo di ricevere un’eredità da un lontano parente che neanche conoscevamo. Improvvisamente ci ritroviamo con un conto milionario, così da poterci mantenere tutta la vita e permetterci addirittura di sostenere economicamente le due generazioni che verranno dopo noi.
A questo punto potremmo salutare l’amato capo ufficio e i simpatici colleghi e dedicarci a noi stessi. È una prospettiva allettante, vero? Finalmente siamo liberi di fare quello che vogliamo!
So che sembra uno scenario lontano e impossibile da concretizzarsi, tuttavia non è questo il punto. L’idea dell’eredità è solo un pretesto per parlarvi di altro: nel momento in cui i vostri bisogni primari fossero soddisfatti, che cosa fareste per autorealizzarvi?
Facciamo un passo indietro. La quasi totalità delle cose che fate serve a soddisfare un bisogno. Non solo a livello fisico, ma anche emotivo e mentale. C’è un senso di mancanza che cerchiamo di riempire. Freud definiva questa dinamica “principio di piacere”. L’insieme delle strategie che mettiamo in atto per riuscire a soddisfare i bisogni formano il nostro io e si riferiscono a quello che Freud chiamava “principio di realtà”. Senza entrare troppo nei dettagli, potremmo dire che la psicologia occidentale è nata proprio per studiare la relazione tra gli individui e i loro impulsi.
Ora, siccome noi ci occupiamo di Arte e Alchimia, che sono fondamentalmente scienze dello spirito, come facciamo a sapere che non lo facciamo per soddisfare un nostro bisogno? E, come noi, tutti i “ricercatori della Verità” quando possono dire di avere sperimentato qualcosa che non appartiene alla categoria della necessità? Quando possono dire di avere sperimentato il Sacro e avere una genuina intenzione di condividere l’esperienza in modo da suscitare in altri individui un Risveglio a un ordine diverso delle cose?
Prima di rispondere a queste domande, possiamo soffermarci ancora sui bisogni. Se iniziamo a fare un lavoro di auto-osservazione possiamo accorgerci che non sappiamo esattamente perché ci comportiamo in un determinato modo. Non sempre le nostre azioni sono puntuali strumenti di soddisfacimento di un bisogno. Mangiamo anche se l’appetito si è placato e ci mettiamo in una relazione anche se l’altra persona non ci va completamente a genio. Nel primo caso potremmo scoprire che in realtà stiamo placando una necessità affettiva e nel secondo che stiamo inseguendo un senso di sicurezza interiore. Sempre di bisogni si tratta ma ci è difficile ammettere quale sia il vero impulso che determina i nostri comportamenti. In questo modo possiamo generare amari equivoci per noi stessi e per gli altri.
A livello di crescita e evoluzione interiore, può capitare la stessa cosa. Ovvero, medito e frequento corsi per colmare un vuoto, passare il tempo o farmi nuovi amici. Non è detto che avere queste motivazioni sia sbagliato. E’ risaputo che meditare ci tranquillizza e ha un benefico effetto sulla nostra biochimica e frequentare corsi con persone che hanno i nostri stessi interessi ci porta a socializzare e quindi risponde ai nostri bisogni di riconoscimento, approvazione e reciprocità. Quello che fa la differenza è la consapevolezza, ovvero il sapere che faccio anche queste cose per colmare un bisogno.
Fare quindi un’esperienza che non è spiegabile secondo la categoria del bisogno è raro e può portare al sorgere di una crisi ovvero a voler riqualificare e mettere in una gerarchia di importanza diversa le necessità che abbiamo. Per tutti questi motivi anche un autentico “ricercatore della Verità” non può liquidare l’argomento dei bisogni e giudicarlo poco importante. Al contrario è proprio attraverso i bisogni che si può giungere a un’autentica esperienza del Reale, ovvero a tutto quello che non si può spiegare secondo i principi del piacere e della realtà di Freud. Il Reale trascende il bisogno, il piacere e il controllo e al tempo stesso è tutte queste cose.
I bisogni sono porte. I bisogni sono energia in movimento: qualcosa dal centro del nostro essere si muove verso l’esterno in cerca di soddisfare una necessità. Quando l’esigenza viene soddisfatta ricomincia il ciclo e questo va avanti per tutta la vita. Reich e Lowen hanno parlato di ciò portando avanti i presupposti di Freud con le idee sull’orgasmo e la bioenergetica.
Comprendere il bisogno come una porta per entrare a un livello diverso di realtà significa focalizzare la propria attenzione non tanto sull’oggetto che serve a soddisfare il bisogno ma sul movimento stesso dell’energia, ovvero sulla sua forza e direzione. Ogni volta che c’è un bisogno si muove energia, quindi l’unica cosa che possiamo fare è spostare la nostra attenzione su quel mo(vi)mento.
In questo modo ci diamo il permesso di ascoltare il nostro essere, che fondamentalmente è energia. Siamo nel bisogno e lo riconosciamo, affondiamo la nostra consapevolezza in esso e allora avviene il miracolo. Dentro al bisogno usciamo dalla sua categoria ed entriamo in quella dell’Arte e dell’Alchimia.
Avere una zia che ti lascia in eredità qualche milione di euro ti dà quella tranquillità per poterti accorgere che oltre all’oggetto del bisogno, c’è anche il suo movimento. La zia e i suoi soldi tuttavia non sono imprescindibili: una delle poche cose che sono sotto il nostro completo controllo (almeno in teoria) è l’attenzione. Possiamo decidere in qualsiasi momento di spostarla sul movimento dell’energia.
Ricapitoliamo: in questo mondo ci sono soggetti che rincorrono oggetti per il soddisfacimento di bisogni. In questo modo si crea una dinamica energetica. Normalmente l’attenzione dei soggetti è concentrata o su se stessa (quando il bisogno è soddisfatto) o sugli oggetti (quando il bisogno ancora non è soddisfatto), ci si perde di vista il movimento.
I bisogni coinvolgono sempre tre operatori ma uno è invisibile. Vogliamo vedere cosa succede se iniziamo a prestarci attenzione?
Riccardo Cantone