
Quando si crea una coppia e ancora di più, quando il rapporto viene suggellato da un atto rituale come il matrimonio, è abitudine scambiarsi dei voti. Ovvero ci si dice quali sono le ragioni di unione, i propositi e gli obiettivi in modo che facciano da stella polare per la coppia.
Quello che succede dopo, in molti casi, è che la quotidianità con le sue preoccupazioni prende il sopravvento e i propositi di comunione vengono dimenticati.
Prevalgono quindi quegli elementi che hanno a che vedere con la sussistenza, la sopravvivenza, come il lavoro, la carriera, la casa, il mutuo. Etc… Questi sono tutti legami, ovvero legano i due a una sorta di impegno contrattuale o do ut des. Per esempio l’uomo si occupa di portare a casa la pagnotta e la donna gestisce la casa e i figli. Questo è lo schema più classico anche se la modernità ha scombinato queste dinamiche e molto spesso può avvenire anche il contrario. Oppure sul piatto della bilancia ci sono altri elementi come la pura gratificazione sessuale, il supporto morale, etc… Io soddisfo il tuo bisogno emotivo e tu realizzi la mia necessità di riconoscimento, per esempio.
In un primo momento è naturale che all’interno della coppia si crei un rapporto quasi parassitario, dove ci sono pretese e ci si rivolge all’altro per via di un bisogno. Poi se il rapporto è destinato a proseguire avviene una simbiosi, ovvero entrambi apprendono a fare qualcosa per l’altro in modo che entrambi abbiano un vantaggio dalla relazione. Se c’è solo questo tuttavia la relazione diventa sterile e tradisce il proprio proposito creativo. Il significato della coppia a un livello più profondo, è infatti quello di unire due essenze separate in un n-uovo congiunto animico.
E’ quando si sente l’altro anche quando non c’è vicinanza fisica, si rispettano le sue decisioni anche se non vanno nella direzione di soddisfare un bisogno e soprattutto ci si assume la responsabilità di rimanere nella coppia anche quando sono presenti elementi di disturbo o di dolore ai quali vorremmo scappare a gambe levate. Fare tutto questo richiede un lavoro su se stessi che non può limitarsi a essere disponibile per l’altro. Proprio per questo si usa sovente l’espressione matrimonio alchemico o filosofico, perché l’intento della coppia trasforma l’essere di entrambi. Noi possiamo usare anche l’espressione mandala di coppia, se ci riferiamo a uno spazio sacro circolare che continuamente rinnova se stesso.
Come sosteneva Jung, l’inconscio di ogni uomo o donna assume un aspetto complementare relativo al proprio genere di appartenenza. L’uomo si relaziona a un inconscio femminile o anima, la donna a un inconscio maschile o animus. Questa convivenza interiore porta a un anelito di unione che è prima di tutto con la propria controparte interna. C’è un movimento verso l’archetipo dell’androgino, perché così come si è ci si sente incompleti. Nella percezione normale del mondo c’è sempre una separazione tra il soggetto e l’oggetto. Se il soggetto è maschile, il desiderio è di penetrare l’oggetto. Se il soggetto è femminile, il desiderio è di accogliere l’oggetto. IL desiderio parte quindi da una mancanza. La tensione verso l’androgino e l’amore incondizionato, ci parla invece di una trasformazione della percezione. Penetrare con accoglienza. Accogliere con penetrazione. Percepire l’elemento complementare in se stessi porta a uno stato di coscienza pieno, circolare, dove maschile e femminile si fondono in una morbida esplosione creativa.
Nella coppia questa trasformazione della coscienza, significa aprirsi al rischio di perdere tutto, essere disponibili alla possibilità che l’altro non ci corrisponda, non porre aspettative. E nonostante tutto continuare a dare. Il cerchio si chiude e il mandala di coppia diventa uno spazio generativo e creativo, nel momento in cui gli elementi si abbracciano senza possedersi.
Sicuramente il mandala di coppia, il matrimonio alchemico è un ideale verso il quale tendere, una dichiarazione di intenti, una visione congiunta. Ma cos’è la vita senza una visione?
Riccardo Cantone